Sab. Apr 12th, 2025

Accogliere, custodire, nutrire,

Don Fabio Rosini salta a piè pari le mille discussioni sulla crisi moderna della figura del Padre, presentando in modo straordinariamente concreto il padre putativo del Salvatore. Giuseppe impone il nome a Gesù come indicato dall’Angelo, ne custodisce la vita, provvede al suo nutrimento quindi, sparisce. L’arte di dare il nome, l’arte di custodire, l’arte di nutrire e quindi di sparire questo insegna San Giuseppe, il prototipo della paternità. Un raro testo sul silenzioso discendente di Re Davide al quale Gesù riferisce la sua regalità, almeno in termini di discendenza terrena. Un libro sullo sposo di Maria che supera la dimensione devozionale, ponendo Giuseppe su un piano molto concreto inerente la sua missione che identifica quella di ogni padre, proponendosi come guida in questo difficile mestiere. Il padre è colui che da il nome “lo chiamerai Gesù”, Giuseppe riconosce il figlio perché, mater semper certa est pater numquam, un numquam che si scioglie nell’atto di riconoscere così come accade sul piano giuridico, all’anagrafe. Il padre è colui che chiama per nome, un atto che individua un compito, tutti abbiamo bisogno di uno che ci dica chi siamo, il Padre ha questo ruolo. Dopo il riconoscimento viene la custodia, come le mura di una casa intorno alla famiglia, il Padre crea un focolare sicuro per il figlio sul quale vigila e sorveglia, lo osserva e lo salvaguarda. Il focolare è il luogo al quale il figlio guarderà sempre come punto di riferimento certo, ben oltre la fase di contestazione.  Nutrire è il terzo compito del padre, come i primi due ruoli anche questo è da scoprire, perché padri non si nasce ma si diventa. Si tratta di nutrire ciò che non ti appartiene perché tuo figlio non è tuo ma è del Padre che è nei cieli, tu sei solo l’amministratore anche se lo hai generato con tua moglie e insieme, siete stati collaboratori della creazione. In nostro tempo ha bisogno del padre che dica al figlio: “Tu sei importante, la tua vita è preziosa”, perché si cresce nella fiducia paterna “Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui”. Giuseppe ha un ruolo di primo piano che svolge con tratto aristocratico, d’altra parte era nobile della discendenza di Davide che lo rende tanto vicino a Gesù quanto discreto nella presenza. Quando Gesù è ritrovato fra i dottori nel tempio è Maria che parla “Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”, perché la madre ha “una indiscussa giurisdizione sugli affetti. Il padre è sempre difficile da raggiungere su questo punto, perché la sua competenza è oggettiva, pratica”. Giuseppe sa cosa fare per recarsi a Betlemme, per fuggire in Egitto e per stabilirsi a Nazareth. Quindi Giuseppe deve accogliere Gesù, consegnargli l’identità, difenderlo ed educarlo, quindi… egli deve sparire. La meta dell’educazione è l’autonomia, il padre non è inutile ma deve diventarlo “essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà” (Lett. Ap. Patris Corde, n.7). L’invocazione “Giuseppe castissimo” va molto al di là della virtù della purezza. E’ casto colui che è libero dalla necessità di possedere, in tutti gli ambiti della vita ancor di più riguardo ai figli. Sparire è un’arte paterna che riguarda anche l’educatore. Espletato il proprio compito farsi da parte, sparire. Ad Emmaus, spezzato il pane, Gesù sparisce.  Il nostro tempo è quello di Telemaco che aspetta il ritorno del padre. La demolizione sessantottina, del principio di autorità scaturì da un parricidio sommario senza processo, fondato sul diffuso pregiudizio che ieri era tutto sbagliato e domani sarebbe stato tutto migliore, una visuale in cui il padre rappresenta solo un ingombro. Al “ieri” apparteneva innanzitutto il “padre” che già durante la rivoluzione francese aveva ricevuto il benservito con la decapitazione di Re Luigi XVI. “Padre nostro che sei nei cieli… restaci” scriveva Jacques Prevert., l’effetto è il mondo odierno, il regno del caos. Nietzsche aveva dato indicazioni precise “bisogna avere dentro di sé un caos per dare al mondo una stella”, il tempo del caos è il tempo senza padre e la stella è la seconda a destra, illusione e utopia che preparano il disastro. Eppure Telemaco attende il ritorno del padre, la nostalgia per una paternità perduta è viva e vitale, è alla radice di mille nevrosi e di innumerevoli disordini.  Buona lettura e buon San Giuseppe!

Paolo Piro

FABIO ROSINI, San Giuseppe. Accogliere, custodire, nutrire, San Paolo, 2021, p. 160.

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